La Cassazione torna ad occuparsi dell'idoneità della sentenza nel rivestire efficacia vincolante al di fuori del processo all'esito del quale è stata pronunciata, e lo fa ribadendo con forza il suo costante insegnamento.
di Giulia Bettini

In una recentissima sentenza (la n. 1286/18) la Corte d'Appello di Brescia ribadisce come il giudice del reclamo proposto ex art. 18 della Legge Fallimentare possa, nel caso di vizio nella vocatio in ius nel procedimento volto alla dichiarazione di fallimento (nella specie, per il mancato rispetto del termine a difesa previsto dalla Legge Fallimentare), possa e debba decidere nel merito dell'istanza di fallimento, senza dover rimettere le parti al giudice di prime cure. Ed ancora, la Corte conferma come il termine annuale di cui all'art. 10 della Legge Fallimentare non operi quale termine di prescrizione o di decadenza, avendo la precipua funzione di garantire la certezza delle situazioni giuridiche.

Il Tribunale di Bergamo si pone nell'alveo della giurisprudenza di legittimità nell'escludere che l'individuazione di un elemento essenziale del contratto di costituzione di servitù possa avvenire ricorrendo a dati esterni ed estranei al tenore letterale della scrittura.

Una recentissima sentenza  della Corte di Cassazione ha ritenuto che "nella materia del danno da perdita del congiunto ... la nozione di ordine pubblico internazionale, presente ... nella L. n. 218 del 1995, comma 1, si deve intendere nei termini seguenti: "Agli effetti del diritto internazionale privato, l'ordine pubblico che - anche ai sensi dell'abrogato articolo 31 preleggi, applicabile "ratione temporis" - impedisce l'ingresso nell'ordinamento italiano della norma straniera che vi contrasti si identifica con l'"ordine pubblico internazionale", da intendersi come complesso dei principi fondamentali caratterizzanti l'ordinamento interno in un determinato periodo storico o fondati su esigenze di garanzia, comuni ai diversi ordinamenti, di tutela dei diritti fondamentali dell'uomo", ribadendo così un indirizzo già espresso in precedenza (Cass. n. 19405 del 2003).

La sentenza in argomento sottolinea la necessita' di "identificare l'ordine pubblico di rilievo internazionalprivatistico con l'oggetto di un controllo della compatibilita' della norma straniera con i "principi fondamentali della nostra Costituzione o, comunque, (individuabili) in quelle altre norme che rispondono all'esigenza di carattere universale di tutelare i diritti fondamentali dell'uomo o, ancora, che informano l'intero ordinamento in modo tale che la loro lesione (per effetto dell'applicazione della norma straniera) si traduca in uno stravolgimento dei suoi valori fondanti".

In allestimento.
di Nicoletta Giazzi


Il mutamento interpretativo in ordine ai criteri per il riconoscimento dell'assegno divorzile sancito dalla sentenza n. 11504/2017 della Prima Sezione Civile della Cassazione, ha prodotto, come prevedibile, un effetto domino. Molte infatti, anche dinnanzi al Tribunale di Bergamo, sono state le richieste, da parte dei coniugi onerati, di revoca dell'obbligo della corresponsione del predetto assegno. La citata sentenza, infatti, ha stabilito nell'”indipendenza economica” o “autoresponsabilità” il nuovo parametro in base al quale valutare la spettanza o meno dell'assegno (cd. fase dell'an debeatur) in capo al coniuge richiedente, a discapito del consolidato criterio che prendeva a riferimento il “tenore di vita” goduto in costanza di matrimonio. Trattasi di un cambio di orientamento significativo che avrebbe, senz'altro, meritato la preventiva pronuncia delle Sezioni Unite.

Ed è proprio tale pronuncia che si sta aspettando.
Il Tribunale di Bergamo ribadisce che il termine di prescrizione in tema di azione prevista in tema di gravi vizi e difetti dell'immobile prevista dall'art. 1669 del codice civile, decorre dal momento dell'acquisizione di un apprezzabile grado di conoscenza del vizio lamentato.