L'obbligatorietà o meno dell'aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) per tutti i settori e per tutte le categorie professionali a fronte dell'emergenza sanitaria per la diffusione del COVID-19, è questione di estrema attualità.

Il dato normativo del D. Lgs. 81/2008 prevede l'obbligo di revisione e di aggiornamento del documento di valutazione dei rischi (DVR) quando: 1) si introducono modifiche significative del processo produttivo o dell’organizzazione aziendale (acquisto e introduzione di nuovi strumenti o macchinari, ristrutturazioni, traslochi, cambiamenti organizzativi, inserimento di nuove mansioni); 2) si verificano importanti infortuni o malattie professionali; 3) gli esiti della sorveglianza sanitaria effettuata diano indicazioni in tal senso; 4) si nominano nuove figure o addetti alle emergenze all’interno dell’organigramma della sicurezza aziendale; 5) quando sono deliberati aggiornamenti della normativa vigente che, di conseguenza, ne implicano una revisione.
 
Per capire se l'attuale situazione di emergenza sanitaria determina la necessità di procedere alla revisione del documento di valutazione dei rischi, è doveroso chiedersi se, per la propria attività lavorativa e/o di impresa, il rischio biologico da coronavirus rappresenta un rischio professionale legato alla mansione svolta dal lavoratore, ovvero un rischio occasionale e potenziale.

Nell'affrontare la problematica in oggetto non si può prescindere dal dato normativo e da quanto indicato nel citato D. Lgs. 81/2008, che prevede di redigere il DVR prendendo in esame i rischi di natura professionale, ossia i rischi per la sicurezza ai quali è esposto il lavoratore nello svolgimento della specifica mansione affidata e, più in generale, all'interno dell'organizzazione aziendale, per i quali il Datore di Lavoro, a fronte del proprio potere direzionale, ha la disponibilità giuridica di attuare misure compensative, preventive e protettive.

Pare dunque un approccio non del tutto condivisibile considerare, ai fini dell'aggiornamento del DVR, il rischio di esposizione da coronavirus a prescindere da quella che è “l'esposizione professionale” allo stesso.

E' dunque doveroso distinguere “l'esposizione professionale” al rischio di entrare in contatto con il virus (con la conseguente necessità per il Datore di Lavoro di aggiornare senz'altro il DVR, come del resto impone la normativa), dal “rischio non professionale”, che è sovrapponibile al medesimo rischio a cui è esposta l'intera collettività.

Sotto tale secondo profilo, il Datore di Lavoro non dispone di alcun potere direttivo o risolutivo, dovendo piuttosto adottare le specifiche misure di prevenzione emanate dal Governo, dagli Enti sanitari preposti e dal Ministro della Salute, al fine di fronteggiare l'eccezionale emergenza in corso.

Nello specifico, si richiamano il D.L. 23 febbraio 2020 n. 6 (convertito nella L. 5 marzo 2020 n. 13) a cui sono seguiti i decreti attuativi DPCM del 23 febbraio 2020, del 25 febbraio 2020, del 1 marzo 2020, del 4 marzo 2020, del 8 marzo, del 9 marzo 2020, del 11 marzo 2020 e del 22 marzo 2020, nonché il D.L. 2 marzo 2020 n. 9, il D.L. 17 marzo 2020 n. 18 e D.L. 25 marzo 2020 n. 19, con i quali sono state stabilite le misure di prevenzione utili ad affrontare l'emergenza COVID-19, compresa l'indicazione delle attività lavorative e produttive consentite e di quelle sospese.

L'obbligo di aggiornamento del DVR è pertanto certamente attuale per tutti quegli ambiti produttivi e lavorativi che si trovano maggiormente e necessariamente esposti al contatto con il virus, ossia tutto il comparto della sanità (ospedali, laboratori, ambulatori, case di cura e case di riposo), e quello dei trasporti (si pensi agli aeroporti o anche solo alle stazioni ferroviarie e, perché no, al personale della grande distribuzione e delle consegne a domicilio, che rientrano a pieno titolo tra coloro che si sono trovati e si trovano in prima linea).

Per tali realtà parrebbe quindi sussistere un vero e proprio obbligo di procedere all'aggiornamento del documento di valutazione dei rischi, essendo la possibilità di contrarre il virus maggiore e, comunque, direttamente correlata alla specifica attività svolta.

Diversa invece è la situazione per i settori produttivi per i quali il rischio di contagio può qualificarsi come occasionale e potenziale, equiparandosi di fatto al rischio che chiunque corre, nell'espletamento delle normali attività umane, di contrarre il virus.

Il che non esonera certo il Datore di Lavoro dall'obbligo di effettuare comunque un'approfondita valutazione e di porre in essere tutte le misure necessarie per eliminare e/o ridurre il rischio di esporre i dipendenti al virus, qualora l'attività svolta preveda un contatto continuativo con il pubblico o con i colleghi; ciò adottando quelle che sono le misure indicate sia dalle circolari del Ministero della Salute, che da diversi enti (quali ad esempio, la Regione Veneto, la Regione Lombardia) e da alcune Aziende Territoriali per la Salute.

In particolare, per le imprese le cui attività non sono state sospese è d'obbligo rispettare quanto previsto nel Protocollo del 14 marzo 2020, sottoscritto dal Governo e dalle parti sociali, contenente le misure atte a contrastare la diffusione del coronavirus e volte a contenere il contagio, limitando ad esempio, i contatti tra le persone, riducendo o addirittura eliminando le occasioni di aggregazione (la cosiddetta “rarefazione sociale”), favorendo ove possibile il lavoro a distanza, sospendendo le attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione, mantenendo il distanziamento di almeno un metro tra i presenti, limitando gli spostamenti all'interno dei siti produttivi e contingentando gli accessi agli spazi comuni; ed ancora, è dovere del datore di lavoro osservare le misure volte a rafforzare le prassi igieniche vietando contatti stretti, favorendo la pulizia dei locali, sensibilizzando al rispetto delle corrette indicazioni per l’igiene delle mani e delle secrezioni respiratorie, mettendo altresì a disposizione idonei mezzi detergenti, dotando i dipendenti di adeguati dispositivi di protezione individuale, oltre che effettuando una adeguata campagna di informazione dei lavoratori.

Il mancato adeguamento alle misure di contenimento del contagio da coronavirus o la loro violazione, può comportare per i Datori di Lavoro, ai sensi dell'art. 4 del D.L. 25 marzo 2020 n. 19, sanzioni amministrative e penali, oltre a dare potenzialmente ingresso alla responsabilità civile del datore di lavoro.

Adeguarsi a quanto previsto dal citato Protocollo può comportare una modifica del processo produttivo e/o dell'organizzazione del lavoro (con conseguente richiamo a quanto previsto dall'art. 29, comma 3 del D.Lgs 81/2008 in merito all'obbligo di procedere, in tali casi, all'aggiornamento della valutazione dei rischi); resta peraltro, a parere di chi scrive, la distinzione cui si è accennato poco sopra rispetto al rischio, professionale o meno, di esposizione al virus.

Per completezza informativa si riporta testualmente, tra i tanti comunicati di organi istituzionali e di controllo, quanto espresso da Assolombarda in merito alle disposizioni sul COVID-19 in rapporto con il D.Lgs. 81/2008 secondo cui “L’emergenza coronavirus rappresenta un problema di salute pubblica e, in questa fase di continua e rapida evoluzione, la gestione delle misure di prevenzione e protezione deve seguire le disposizioni speciali appositamente emanate e i provvedimenti delle Autorità Sanitarie competenti. I Decreti e le Ordinanze che vengono emanati da Governo/Regioni sono Atti generali contenenti disposizioni speciali in ragione dell’emergenza sanitaria che come tali prevalgono sugli ordinari obblighi di tutela della salute sul lavoro previsti dal D.Lgs 81/08 e da altre leggi. In relazione a quanto sopra, previe verifiche effettuate, lo specifico obbligo di aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi di cui all’art. 28 del decreto 81/08 suddetto in relazione al COVID19, è subvalente rispetto alle citate normative speciali emanate in via d’urgenza a tutela dell’incolumità pubblica e della salute della collettività. I datori di lavoro e i lavoratori, in relazione al contenimento degli effetti del coronavirus, devono rispettare, nelle aree non soggette a disposizioni specifiche, le norme cogenti predisposte dalle Autorità, oltre a rafforzare le ordinarie indicazioni igieniche comunemente in atto. La collaborazione, la responsabilità e diligenza di tutti i soggetti aziendali sono fattori essenziali in questa fase momentanea di criticità per le imprese, che potrà assicurare attenzione e prudenza accanto alla necessaria operatività aziendale. La diffusione interna delle sole informazioni e comunicazioni messe a disposizione dalle Autorità Sanitarie (e non altre di fonti incerte), esaminate e adattate alle varie e diverse esigenze aziendali, può rappresentare un utile strumento di prevenzione e condivisione con i lavoratori”.

Anche l'Ispettorato Nazionale del Lavoro (con aggiornamento del 23 marzo 2020) si è espresso sul punto con una nota interna rivolta ai Dirigenti dell’INAIL e agli Ispettorati interregionali e territoriali del lavoro, al fine di chiarire i predetti aspetti, supportando i consulenti e i datori di lavoro chiamati in questi giorni a valutare la necessità, o anche solo l'opportunità, di aggiornare i propri documenti di valutazione dei rischi.

Sia consentita una riflessione ed un'attenzione particolare con riguardo a coloro che sono impegnati quali operatori sanitari, medici, infermieri, paramedici e tutti coloro che lavorano nell'ambito di strutture sanitarie.

Si ritiene pacifico che la revisione del Documento di Valutazione dei Rischi sia obbligatoria per strutture di tal fatta; ci si deve chiede quindi quali siano le conseguenze, in termini di responsabilità, se, pur in presenza della predetta – imprescindibile – revisione, il Datore di Lavoro non sia, o non sia stato, pronto ad attuare le misure individuate dal DVR così come revisionato, e ciò con particolare riferimento alle dotazioni dei presidi di sicurezza individuali che, come noto, purtroppo scarseggiano anche in ambito ospedaliero e tra i medici di base, categoria in prima linea e, purtroppo, duramente colpita.

E' pur vero che il COVID-19 ha portato con sé un'emergenza di impressionate vastità, in costante e rapida evoluzione. I responsabili delle Aziende Sanitarie non perdono occasione per ricordare come, nel contesto emergenziale attuale, tutti stiano facendo la loro parte, applicando le linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, le indicazioni Regionali e Ministeriali in materia di protezione, e ciò sia per quanto riguarda l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, sia in materia di sorveglianza sanitaria.

Ed è peraltro nota l'emergenza legata, in particolare, alla generalizzata carenza, sia in termini di quantità che di qualità, dei predetti dispositivi di protezione individuale.

L'aspetto che merita di essere approfondito – conducendo necessariamente una valutazione in fatto – riguarda innanzitutto la prevedibilità di un tale tsunami sanitario e delle sue conseguenze, così come della necessità di approvvigionarsi dei Dispositivi di Protezione Individuale (mascherine, guanti, camici, soluzioni disinfettanti) che da tale situazione deriva. Ci si dovrà soffermare altresì sulla prevedibilità della necessità di adeguate scorte delle dotazioni materiale di così vitale importanza, considerando vieppiù che lo stato di emergenza veniva dichiarata dal Governo italiano il 31 di gennaio.

Ed ancor prima, come si è detto, andrà verificato se, preliminarmente, sia stata posta adeguata attenzione nell'aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi a tutela dei lavoratori, quale che sia la loro collocazione nella “filiera” di un Ospedale, di una Casa di cura o di riposo, di un ambulatorio che sia.

Sono questi, a parere di chi scrive, i due aspetti sui quali si potrà e dovrà innanzitutto riflettere, quando il dolore e la tristezza di questi primi giorni di aprile lascerà il posto alla lucidità.


Il presente articolo non costituisce la prestazione di un parere professionale ed ha valore meramente informativo. Tutti i diritti riservati – Avv. Fernando Bolis e Avv. Nicoletta Giazzi.