di Nicoletta Giazzi


Il Tribunale di Bergamo si pone nella scia della giurisprudenza di legittimità sulla responsabilità per colpa professionale dell'avvocato.

In linea con l'orientamento della Suprema Corte, con la sentenza n. 81 depositata il 14 gennaio 2019 il Giudice orobico ha ribadito che l'affermazione della responsabilità per colpa professionale dell'avvocato implica necessariamente una valutazione prognostica e probabilistica di contenuto tecnico-giuridico, afferente il probabile esito favorevole dell'azione giudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e seguita con la dovuta diligenza.
 
Con la sentenza in argomento, resa all'esito di una causa di risarcimento danni radicata da una società che ha convenuto in giudizio l'avvocato – assumendo una sua responsabilità professionale per non aver proposto appello avverso la sentenza di primo grado nonostante il conferimento di uno specifico incarico in tal senso – il Giudice del Tribunale di Bergamo ha affermato che “la responsabilità dell'avvocato – nella specie per omessa proposizione dell'impugnazione – può affermarsi laddove si accerti non solo il non corretto adempimento dell'attività professionale, ma anche che, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone”.

In buona sostanza, con riferimento alle professioni intellettuali, pur essendo, di regola, quelle inerenti il loro esercizio, obbligazioni di mezzo e non di risultato (il professionista, assumendo l'incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato ma non necessariamente a conseguirlo), ai fini dell'accertamento della responsabilità non è sufficiente valutare le modalità di svolgimento e la sussistenza del non corretto adempimento dell'attività professionale, ma è imprescindibile accertare, sulla base di una valutazione prognostica, se nel caso di corretto operato dell'avvocato, l'assistito avrebbe raggiunto il risultato sperato (nel caso di specie si trattava della restituzione di una somma di danaro).

Nel caso di specie, peraltro, l'avvocato convenuto in giudizio aveva riconosciuto di non aver provveduto ad impugnare la sentenza di primo grado nei termini di rito ed il conferimento di uno specifico incarico a tale proposito (con dichiarazione di natura confessoria rispetto all'attrice, ritenuta liberamente apprezzabile dal Giudice ex art. 2733 cod. civ., nei confronti della compagnia assicuratrice chiamata in garanzia); ciò, peraltro, non è stato ritenuto sufficiente per condannare il convenuto al risarcimento del danno.

Per addivenire alla condanna, Il Giudice ha ritenuto di dover procedere alla verifica della riconducibilità del pregiudizio lamentato dalla cliente alla condotta del professionista e ad una valutazione secondo criteri probabilistici volta ad accertare se, qualora l'avvocato avesse tenuto il comportamento dovuto, la cliente avrebbe conseguito o meno il riconoscimento delle proprie ragioni, vale a dire l'esito favorevole dell'appello.

Il Tribunale di Bergamo conferma, in definitiva, che la valutazione prognostica positiva è la via obbligata per potersi dire provato “il nesso eziologico tra la condotta commissiva od omissiva del legale ed il risultato derivatone” e, quindi, affermare la responsabilità del professionista per i danni lamentati dal proprio assistito. In altri termini, per affermare la responsabilità del professionista per i danni lamentati dal proprio assistito è necessario dimostrare non solo l'esistenza dell'errore professionale, ma che il medesimo si pone in nesso di causalità con i danni lamentati.


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