Una recente sentenza (Sent. n. 1078/17; Giudice Dott.ssa Dimatteo) del Tribunale di Bergamo ha ribadito l'esclusione dell'operatività della clausola arbitrale contenuta in un contratto d'appalto nell'ipotesi in cui venga invocata la responsabilità del costruttore per i gravi vizi e difetti che affliggono l'immobile costruito, responsabilità che, come noto, trova disciplina nell'art. 1669 cod. civ..

Nel caso di specie il committente (convenuto in giudizio dagli acquirenti dell'immobile al fine di far valere tale garanzia nel confronti della venditrice dell'immobile sulla scorta della giurisprudenza secondo la quale la responsabilità ex art. 1669 cod. civ. coinvolge tutti coloro che hanno avuto modo di intervenire causalmente nella determinazione del danno, compreso il committente che si sia interessato dei lavori appaltati nominando un direttore dei lavori) chiamava in causa l'impresa esecutrice dei lavori al fine di essere da questa manlevato, anche in via di regresso, per quanto fosse tenuta a pagare a parte attrice.

L'impresa si costituiva in giudizio eccependo innanzitutto l'improcedibilità delle domande proposte nei suoi confronti in considerazione della clausola arbitrale inserita nel contratto stipulato con la committente. Tale clausola recitava che “qualsiasi controversia inerente all'interpretazione, all'esecuzione o alla risoluzione del presente contratto con non fosse composta amichevolmente tra le parti, sarà deferita ad un collegio di arbitri ...”.

Secondo il Giudice del Tribunale di Bergamo – che richiama la più recente giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. 4035/2017), chiamata a pronunciarsi su una questione evidentemente non ancora sopita – la clausola arbitrale relativa alle controversie nascenti dal contratto nel quale è inserita va interpretata, in mancanza di una precisa volontà contraria, nel senso che rientrano nella competenza dell'organo arbitrale solamente le domande che trovano la loro causa petendi nel contratto medesimo, con la conseguenza che vanno escluse quelle controversie per le quali il contratto costituisce un mero presupposto storico. Nel caso di specie, trattandosi di domanda proposta ex art. 1669 cod. civ. - responsabilità pacificamente di natura extracontrattuale – il Giudice ha escluso l'applicabilità della clausola compromissoria.

Per dirla con le parole della sentenza in argomento, “il patto di cui alla suddetta clausola compromissoria non consente ... di ritenere che questa si applichi anche alle domande risarcitorie estranee al contratto”, anche se nel contratto trovano il loro presupposto.

In definitiva, per poter invocare una clausola arbitrale nel caso di azione proposta ai sensi dell'art. 1669 cod. civ., non è sufficiente che l'arbitrato sia previsto per “tutte le controversie nascenti dal contratto”, ma è necessario uno specifico riferimento anche alle controversie che nel contratto (in ipotesi, d'appalto) trovino semplicemente il loro presupposto,come quelle tese a far valere la responsabilità per i gravi vizi e difetti dell'immobile, che la legge prevede espressamente a carico del costruttore e che la giurisprudenza ha esteso a tutti coloro che hanno contribuito alla determinazione dei gravi vizi e difetti: impresa costruttrice, progettista, direttore dei lavori.

Coerentemente al principio appena espresso (vale a dire che la clausola compromissoria trova applicazione alle sole pretese che trovano il fondamento nel contratto al quale la clausola si riferisce), il Giudice ha invece dichiarato improcedibili le domande svolte dalla terza chiamata la quale, in via riconvenzionale, chiedeva la condanna della chiamante al pagamento saldo delle opere realizzate su sua commissione; tale domanda, infatti, trova la sua causa petendi nel contratto (nella specie, di appalto) e non in un fatto illecito. Da evidenziare che il Giudice ha dichiarato l'improcedibilità delle domande svolte dalla terza chiamata nei confronti della convenuta senza che fosse stata posta una specifica eccezione sul punto.


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