La questione relativa ai criteri da adottare in sede di liquidazione del danno iure hereditatis è sempre di grande attualità e sempre in bilico tra le sollecitazioni volte ad assicurare risarcimenti pregni di finalità in senso lato sanzionatorie ed il timore di incorrere in una duplicazione delle voci del danno risarcibile.

Con una recentissima pronuncia il Tribunale di Bergamo (sentenza n. 1596 del 2017, Giudice Dott. Massetti), dopo aver accertato la riconducibilità del decesso della vittima di un incidente stradale a quest'ultimo – ed aver esclusa, benché fossero stati accertati dal consulente dell'ufficio postumi pari a cinquanta punti percentuali, la risarcibilità del danno da invalidità permanente – ha provveduto alla liquidazione del danno iure hereditatis (vale a dire il risarcimento del danno che avrebbe potuto essere riconosciuto in favore della vittima del fatto illecito, diritto trasferitosi agli eredi in virtù di successione come qualsiasi diritto di credito) sulla base dei soli giorni di inabilità temporanea.

In buona sostanza, il Tribunale orobico ha ritenuto di moltiplicare il numero dei giorni di sopravvivenza della persona lesa per l'importo previsto dalle note tabelle elaborate dall'Osservatorio per la Giustizia Civile del Tribunale di Milano per la liquidazione del danno alla persona (146 euro per ogni giorno di sopravvivenza).

E' una sentenza che stimola più di una riflessione sui criteri adottati dal giudice in sede di determinazione “in numerario” del danno risarcibile.

Va precisato che nel corso del giudizio emergeva che gravissime furono le lesioni riportate dalla vittima (il danneggiato subiva un insulto gravissimo alla sua integrità psico-fisica, danno che il consulente tecnico del Giudice quantificava in cinquanta punti percentuali di invalidità permanente), tali da importare un lungo ricovero ospedaliero, un successivo ricovero presso un istituto per la riabilitazione, per poi dover essere seguito a casa dall'unico familiare superstite (il figlio) e, infine, in una struttura per lungodegenti; ciò in quanto, a causa della sua situazione di salute, la vittima dell'incidente stradale aveva perso la possibilità di continuare quella vita in piena autonomia che, nonostante la veneranda età, conduceva prima dell'investimento.

V'è da chiedersi se l'adozione di un criterio di liquidazione del danno di tal fatta sia idoneo a compensare le sofferenze patite dalla vittima primaria del fatto illecito, sofferenze di intensità ed importanza tali da portare nell'arco di dieci mesi alla morte della vittima, la quale ha vissuto nella piena consapevolezza di non essere più in grado di badare a se stesso e conscio dell'avvicinarsi della fine della sua esistenza.

Il dubbio è che, a fronte dell'adozione di un tale criterio di liquidazione del danno limitato ai giorni di malattia – valorizzati sulla base dei noti criteri tabellari – il danno non venga riconosciuto nella sua ontologica esistenza e gravità.

In buona sostanza, v'è da chiedersi se la determinazione del danno risarcibile limitata a 146 euro pro die – come se si trattasse del danno da “temporanea” di chi, dopo un periodo pur importante (per durata e per intensità) di malattia, abbia la prospettiva di guarire e di continuare la sua vita o, addirittura, di colui che guarisca senza postumi – sia conforme al Diritto ed ai principi di Giustizia sostanziale.

Dottrina e giurisprudenza hanno sempre dimostrato una straordinaria dinamicità nell'individuazione dei criteri con i quali addivenire al risarcimento del danno da morte iure hereditatis; staremo a vedere se e quali diverse sensibilità porteranno ad un intervento sulla citata sentenza del Tribunale di Bergamo, tempestivamente impugnata dai prossimi congiunti della vittima primaria dell'illecito.


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