La Cassazione torna ad occuparsi dell'idoneità della sentenza nel rivestire efficacia vincolante al di fuori del processo all'esito del quale è stata pronunciata, e lo fa ribadendo con forza il suo costante insegnamento.

Nella fattispecie presentatasi in concreto la medesima questione di fatto, comune a due due giudizi intervenuti tra le medesime parti, era già stata risolta con pronuncia passata in giudicato. Il ricorrente assumeva che l'oggetto del primo giudizio (relativo all'obbligazione di pagamento di un compenso provvigionale asseritamente dovuto al ricorrente da altro soggetto, terzo rispetto al rapporto processuale in questione) sarebbe stato diverso da quello del giudizio sfociato nel giudizio di legittimità (relativo ad altro compenso, sempre di natura provvigionale, preteso dal ricorrente nei confronti del resistente); il ricorrente assumeva altresì che i due giudizi non potessero considerarsi sovrapponibili, con l'esclusione di qualsiasi effetto dell'uno sull'altro, in quanto nel primo il resistente rivestiva la veste processuale di terzo chiamato in garanzia in virtù di un titolo (un accordo transattivo) del tutto distinto da quello (il rapporto di mediazione) posto a fondamento della pretesa del ricorrente.

Secondo la Suprema Corte, “qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano fatto riferimento al medesimo rapporto giuridico ed uno dei due sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica, ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della situazione contenuta nel dispositivo della sentenza con autorità di cosa giudicata, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, e ciò anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo” (Cass. 21322/18).

Tale decisione (che segue altra, recentissima, pure citata in motivazione – Cass. 11314/18 – che si pone nella medesima prospettiva) ha il pregio di consentire di ritenere ormai definitivamente acquisito il principio per cui, qualora un fatto costituisca un punto fondamentale comune a due giudizi, il giudicato formatosi su tale fatto in uno dei due giudizi fa stato anche nell'altro, pur se avente ad oggetto un diverso diritto, essendo relativo ad altro titolo.

E' un orientamento giurisprudenziale in tutto e per tutto condivisibile: qualora un medesimo fatto o una determinata situazione giuridica (ed il loro accertamento) costituiscano l'antecedente logico necessario al riconoscimento, in un altro giudizio pendente tra le medesime parti, di un diritto (sebbene fondato su di un diverso titolo), il passaggio in giudicato della prima sentenza spiega i suoi effetti, in termini di giudicato esterno, anche sul secondo giudizio. E ciò, evitando il contrasto tra giudicati afferenti la medesima situazione di fatto, rappresenta una garanzia della certezza del Diritto.

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